Lui chi è?? – Silvia Giambrone

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Silvia Giambrone è nata ad Agrigento nel 1981. Vive e lavora a Roma dal 2002, anno in cui ha iniziato a frequentare l’Accademia di Belle Arti.

viola e un poco nervosamenteNelle opere dell’artista è fondamentale la componente personale, che unita a tematiche universalmente riconosciute, si inserisce nel gruppo dei vari campi di ricerca della sua produzione artistica. Primo fra tutti il corpo, fertile terreno d’indagine, e, allo stesso tempo, strumento attraverso il quale l’artista sviluppa diversi progetti: ne “La viola e un poco nervosamente” (2010) il corpo dell’artista esce fuori dall’identità che socialmente rappresenta per assumere il ruolo di strumento musicale: non c’è più Silvia, non c’è più un’artista ma c’è un oggetto con una funzione specifica, quello di produrre musica. Il ritmo del battito cardiaco diventa la base di una melodia improvvisata in questa performance che sottolinea quanto la nostra società sia influenzata dal contesto in cui si collocano le cose e dalle etichette che si impongono a queste. Silvia Giambrone ci dimostra dunque come un corpo seminudo può non apparire come oggetto del desiderio, cosa che invece accade nel bombardamento di immagini mediatiche odierne.
ereditàA quest’aspetto si allaccia la performance “Eredità” (2008) improntata sull’analisi delle pratiche seduttive, in particolar modo sull’abitudine quotidiana dell’atto di truccarsi: l’artista applica sugli occhi delle ciglia finte metalliche, simbolo delle abitudini estetiche a cui da sempre le donne si sottopongono, a causa di un retaggio culturale che impone loro di apparire piacevoli agli occhi degli uomini.
still2 sotto tiroIl corpo di Silvia Giambrone diventa il bersaglio di un laser puntato sulla pelle nuda in “Sotto tiro” (2013): nella performance, l’artista subisce una minaccia sconosciuta e immotivata, il semplice essere sotto il tiro, appunto, di un laser la trasforma in vittima, in condannata. Questo invadente segnale luminoso può rappresentare anche uno sguardo insistente al quale non si può scappare, che vìola l’intimità e genera disagio.
teatro anatomicoTeatro anatomico” (2012) è una performance realizzata in occasione della mostra collettiva “Re-generation”; l’artista si fa cucire sulla pelle nuda un colletto ricamato; la crudezza dell’ago che le trapassa la carne si contrappone alla naturalezza con la quale l’artista reagisce, sfoggiando il colletto come un accessorio che, alla fine dell’azione, l’ha resa più bella, più piacevole, più femminile. La performance assume un fortissimo valore simbolico: il colletto rappresenta l’autorità, sia essa di tipo religioso o politico (i colletti bianchi dei preti, ma ancor più quelli delle camicie ben stirate sotto le giacche degli uomini di potere) ma anche il rigore, quello delle divise e dei grembiuli scolastici femminili; il suo essere cucito a mano si lega inevitabilmente alla cultura e alla produzione artistica di matrice femminista, oltre che alla condizione femminile italiana del nostro passato, che qualificava questa pratica come una delle poche attività che le donne potevano svolgere.
Il pizzo 3Silvia Giambrone fa sua questa tecnica e una delle prime opere in cui compare è “Il Pizzo” (2012): piccoli frammenti di merletto blu coprono i volti delle figure femminili presenti nelle fotografie delle nozze dei suoi genitori. Il pizzo diventa una maschera che cela l’identità di queste donne, oggi trasformate dal tempo fino a non riconoscersi più nelle immagini, ma anche, paradossalmente, la possibilità di conservarle dallo sbiadimento della stampa, destinata a schiarirsi fino a cancellare le loro tracce. Lasciando trasparire solo i volti dei partecipanti di sesso maschile, l’artista sottolinea ancora una volta come il tema della bellezza femminile sia una conseguenza della cultura di stampo maschilista.
made in italy dettIl pizzo come testimonianza di una tradizione antica, femminile, legata al sud Italia, alle antenate che trascorrevano il tempo intente a cucire, sono i concetti chiave di un lavoro come “Made in Italy”: il nostro paese è ancora saldamente ancorato al suo passato e questo peso culturale, che può essere sia una zavorra che un valore da tramandare ai posteri, è espresso da un blocco di gesso nel quale sono impressi calchi di merletti. Quello della Giambrone è un “made in Italy” specchio della società odierna che, ancora una volta, vede le donne relegate in una posizione subordinata rispetto all’uomo.
Eroina, 2010 forma della molecola di eroina ricamata all'uncinetto, cotoneIl cucito però, non serve solo a produrre graziose suppellettili o accessori decorativi per abiti: ne è un esempio “Eroina” (2012) riproduzione all’uncinetto della struttura molecolare dell’eroina. Forte è il contrasto tra l’immagine che si ha del lavoro a maglia, rispetto al prodotto finale, così com’è sottile il gioco di significati legati al nome dell’opera: l’eroina infatti, può essere sia associata alla sostanza stupefacente che a una potente figura femminile in grado di accorrere in aiuto della società.
autoritratto 7(erso senz)Un altro mezzo espressivo che l’artista ama particolarmente è la scrittura; il linguaggio è lo strumento attraverso il quale Silvia Giambrone realizza il suo “Autoritratto – Io nel settembre 2009 all’altezza di un universo senza risposte” (2010) dove tutto si concentra intorno al concetto di sottrazione: prima fra tutte, quella fisica, attraverso l’eliminazione dai fogli trasferibili fatti di segni dell’alfabeto, di tutte le lettere che compongono la frase che dà il titolo all’opera. Fonte d’ispirazione è il testo di Carla Lonzi “Sputiamo su Hegel”, nel quale viene trattato il tema della possibilità che un soggetto possa esistere a prescindere dalla situazione dialettica che lo identifica, ovvero al di fuori di un contesto predefinito, nel quale si trova mal volentieri.
traslation 2009La parola incontra il corpo in “Translation” (2009), una performance in cui l’artista indaga il rapporto tra linguaggio e realtà: la lingua che noi parliamo è considerata al pari di una legge, come un codice che definisce ogni cosa; ma le mani di una persona che scrivono simultaneamente la stessa frase, in lingue differenti, fanno sì che quest’idea di corrispondenza diretta tra parola e oggetto reale sparisca. Così come il comandamento “non avrai altro Dio all’infuori di me”, tradotto in un altro codice linguistico e scritto simultaneamente in due modi differenti dalla stessa persona, dimostra come il concetto espresso dalle parole sia nei fatti tradito.
L’attenzione verso le parole è presente anche in “No Enemy” (2008), installazione nel quale grandi e pesanti lettere di legno rivestite di piombo invadono lo spazio del foyer del terzo piano del MART di Rovereto. L’assenza di spaziatura tra le parole “no” e “enemy” fa sì che di primo acchito lo spettatore non colga il senso di quelle lettere. Ancora una volta, l’artista smaschera le ambiguità del linguaggio e dei significati che derivano da questo.

Silvia Giambrone ha collaborato con diverse gallerie: Il ponte contemporanea, Roma; Galleria Bonomo, Bari; Galleria Deanesi, Rovereto; Galleria Biagiotti, Firenze e dal 2012 collabora con la Galleria Doppelgaenger, Bari

Recentemente, ha vinto il Main Prize della Biennale di Kaunas.

Tra le mostre personali ricordiamo: L’impero libero degli schiavi, Galleria Doppelgaenger, Bari (2012); Parallel Borders, Roma, a cura di Mark Mangion (2012); Sotto falso nome, Fondazione Spazio13, Varsavia (2011); Fuori di me, Spazio Ferramenta, Torino, a cura di Susanna Sara Mandice (2011); Invito all’opera, Galleria Il ponte contemporanea, a cura di Achille Bonito Oliva (2010); More to come, Upload Art Project, a cura di Silvia Conta, Federico Mazzonelli, Julia Trolp (2010); Speaking your language I learnt how to hate you, Galleria NextDoor, Roma, a cura di L. Benedetti (2008).

Tra le principali mostre collettive, ricordiamo le più recenti:KAUNAS BIENNAL UNITEXT ’13, National Museum of M. K. Čiurlionis (20013); Refuse, Ex Mattatoio di Testaccio, La Pelanda, Roma, a cura di Roberto D’Onorio (2013); SUBJECTIVE MAPS/ DISAPPEARENCES, Parallel Borders 1 / Monuments & Shrines to Capitalism curated by Mark Mangion for Malta Contemporary Art, National Gallery of Iceland (2013); MEDITERRANEA 16, Biennial of Young Artists from Europe and the Mediterranean (BJCEM), Ancona (2013); Autoritratti. Iscrizioni del femminile nell’arte italiana contemporanea, MAMbo, coordinamento curatoriale di Uliana Zanetti, Bologna (2013); Vetrinale, Roma, a cura di Cecilia Casorati, Micol di Veroli e Yuri Elena (2012); Re-Generation, MACRO Testaccio, Roma, a cura di Maria Alicata e Ilaria Gianni (2012).

www.silviagiambrone.com

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